Il trekking nell’Alto Molise dell’ASD Le Ciaspole

È certamente un arrivederci quello che, come gruppo di 27 camminatori dell’ASD Le Ciaspole di Pinerolo (TO), diciamo al termine di una settimana di cammino nell’Alto Molise, in una natura di selvaggia e commovente bellezza, con panorami a perdita d’occhio sul mare verde ondulato dell’Appennino, punteggiato di borghi arroccati sulle cime, talvolta sviluppati intorno alle spettacolari morge.

La base del nostro trekking “a stella” è Agnone, bella cittadina di montagna, la “piccola Atene del Sannio,” bandiera arancione del Touring Club Italiano, che impariamo a conoscere intanto con numerose passeggiate serali per l’aperitivo e, l’ultimo giorno, con il trekking urbano attraverso il borgo antico.

In hotel incontriamo Antonio, Molisetrekking.com, la nostra guida escursionistica, che ha adattato alle esigenze di un gruppo numeroso i percorsi del trekking e nel corso della settimana ci accompagnerà con competenza e passione alla scoperta del suo territorio.

Abbiamo camminato lungo magnifici costoni panoramici, attraversato faggete dal sottobosco punteggiato di ciclamini rosa, prati coperti di crocus fioriti (vicino a Capracotta, subito ribattezzati i “Campi Elisi” di Capracotta)

Il primo giorno, partiti da Vastogirardi, piccolo borgo arroccato intorno al castello, dopo essere saliti su Monte Caraceno a vedere i resti della fortificazione sannitica del IV secolo a.C., concludiamo il cammino nell’area archeologica di Pietrabbondante, sede del più importante centro religioso, culturale e civile della Federazione Sannitica,  dove, comodamente sistemati sui sedili ergonomici del teatro  (fine del II secolo a.C.) ascoltiamo Silvia, archeologa e guida turistica, introdurci con chiarezza e semplicità nella storia e nel significato del sito. Siamo davvero nel cuore antico dell’Italia, dove tanti popoli abitarono la penisola o vi migrarono, prima o contemporaneamente ai Latini, da cui in seguito furono assoggettati e assorbiti. Si tratta dei nostri progenitori i quali, attraverso i millenni e infinite contaminazioni, diedero origine a ciò che siamo oggi. Molto opportunamente Antonio ricorda che il nome Italia, Viteliù nell’antica lingua osca, è nato proprio qui.

Il giorno successivo ripartiamo da Vastogirardi per arrivare al tempio sannitico di Piano Sant’Angelo e salire su Monte Cavallerizzo, 1524 mt, con i resti della cinta fortificata sannitica, e su Monte Capraro, mt. 1730. Prima di arrivare a Capracotta, incontriamo una quasi intatta testimonianza di edificio pastorale in pietra a secco con copertura a tholos e stazzo annesso, per concludere con la meraviglia del prato interamente coperto di crocus rosa.

 

Escursionisti con alle spalle il Monte San Nicola (1517 m s.l.m.)
Escursionisti con alle spalle il Monte San Nicola (1517 m s.l.m.)

Il mattino dopo riprendiamo l’escursione da Capracotta, mt. 1421, uno degli abitati più alti dell’Appennino, centro dello sci nordico. Qui, presso la chiesa di S. Maria Assunta, ci aspetta un magnifico balcone panoramico sulla Valle del Sangro e sui monti dell’Abruzzo. Proseguiamo per Monte Campo, mt 1746, e il successivo costone roccioso, caratterizzato da spuntoni di rocce calcaree a strapiombo, per arrivare a Monte San Nicola, 1517 mt (resti di torre medievale) e scendere a Pescopennataro, il paese degli scalpellini, attraverso il Bosco degli Abeti Soprani, bosco di abete bianco, rarità ecologica residuo dell’ultima glaciazione.  Naturalmente saliamo fino in punta allo sperone roccioso intorno al quale si raccoglie il piccolo borgo, un belvedere dal quale la veduta è amplissima e affascinante.

L’attrazione esercitata da questi piccoli borghi abbarbicati alle rocce è tale che il giorno dopo cambiamo programma e, grazie alla disponibilità e alla versatilità di Antonio e dell’autista Angelo, ce ne andiamo in giro per borghi: Bagnoli del Trigno, dal profilo caratteristico sopra e intorno ad una “morgia” dalla quale spunta un campanile. I gentilissimi volontari dell’associazione Bagnolese Proloco, ci catturano in piazza e ci accompagnano nella visita del borgo antico, su su fino alla mole del castello Sanfelice.

Siamo nella zona delle morge cenozoiche, spuntoni calcarei emersi da un mare preistorico, nel periodo Cenozoico (circa 60 milioni di anni fa). Intorno e sopra questi enormi massi si sono sviluppati centri abitati, esistenti tutt’oggi, come Bagnoli del Trigno e Pietracupa, o abbandonati secoli addietro, come la morgia di Pietravalle (o dei Briganti) che visitiamo dopo Bagnoli, solitaria in mezzo ai campi coltivati

Pietracupa
Pietracupa

A Pietracupa, minuscola e raccolta intorno alla sua morgia, ci accoglie il sindaco con tanto di fascia tricolore e foto di gruppo; è il paese di Angelo, a cui dobbiamo sicuramente l’accoglienza istituzionale, una piccola comunità (225 abitanti) così tenacemente avvinta al suo territorio che lo slargo e il monumento dedicati alla memoria dei giudici Falcone e Borsellino sono costellati dei nomi dei donatori, spesso residenti in altri continenti e discendenti di emigrati originari di qui.

Concludiamo la giornata sul tratturo; ne misuriamo la larghezza, conservata negli originali 60 passi napoletani (111 mt). Quella che sembra una larga striscia di prato è in realtà l’infrastruttura storica che ha modellato la geografia, l’economia e forse anche la psicologia di questa regione. La riforma di Alfonso I d’Aragona del 1447 fece della transumanza orizzontale del bestiame da e per la Puglia una formidabile macchina economica, tale da assicurare, al tempo, i 2/3 delle entrate fiscali dello stato. Milioni di capi di bestiame e migliaia di persone, migliaia di vite sono passate di qui, il tratturo è identitario, non calpestiamo una striscia di prato, stiamo sfogliando le pagine di un libro di storia. Nell’intensità della narrazione la voce di Antonio si incrina per un attimo.

Il percorso finale è sull’anello archeologico di Sepino, che inizia dai resti del tempio italico di San Pietro di Cantoni, per continuare in località Terravecchia con le rovine della potente città sannitica di Sàipins, espugnata dai romani nel 293 a.C. dopo la terza guerra sannitica, in seguito abbandonata. Le rovine sono invase dalla vegetazione, ma è conservato un buon tratto delle mura in opera poligonale e soprattutto abbiamo la soddisfazione di passare, anche qui sfogliando il libro di storia, attraverso la postierla, la porta pedonale della cinta muraria, detta la postierla del Matese, perché rivolta verso l’omonimo massiccio montuoso.

Visitiamo la Sepinum romana con Nella, guida turistica. Il primo nucleo della città sorse nel II sec. a.C.  all’incrocio di due vie tratturali, che diventarono il decumano (tratturo Pescasseroli-Candela) e il cardo ovvero le due strade principali della città. Tanto potente l’impronta della transumanza sul territorio da far sì che l’incrocio tra i due assi stradali non sia a 90° come d’uso, ma un poco sbilenco, per meglio conformarsi sul sedime tratturale nord-est, sud-ovest. La città ha solo in parte l’aspetto di un sito archeologico, perché sulle gradinate del teatro furono costruite, dal Settecento al Novecento, le case contadine, nelle cui mura si ritrovano materiali di reimpiego e probabilmente è ancora viva in chi è del posto l’immagine di abitanti veri, fino a non molti anni fa, e greggi che attraversano il decumano e brucano qua e là.

Cooking class sul cavatello molisano
Cooking class sul cavatello molisano

La sera impariamo a fare i cavatelli (pasta tipica molisana) nella bella Taverna dei Principi, nel Settecento stazione di posta per il cambio dei cavalli, successivamente fabbrica di cioccolato, poi laboratorio tessile, oggi ottimamente recuperata dai proprietari a struttura ad uso turistico e di ristorazione.  Durante la cena Stefano, il Narratografo, narratore e fotografo, la sorpresa di questa sera, ci intrattiene con i suoi racconti, poetici e a volte un po’ buffi, su personaggi e storie della sua terra.  Tra i vari brindisi, Bruno, in qualità di vice-presidente dell’ A.S.D. Le Ciaspole, ne propone uno ai nostri giovani amici molisani e alle loro non comuni passione e impegno per il proprio territorio.

L’emozione finale è ad Agnone, con il trekking urbano e la visita alla Pontificia Fonderia Marinelli che da otto secoli tramanda di padre in figlio l’antica e difficile arte della costruzione delle campane. Il maestro campanaro che guida la nostra visita al museo e alla fonderia ricorda che la campana è soprattutto uno strumento musicale e che complessi calcoli matematici collegano il diametro della campana alle note musicali con riferimento alla tastiera del pianoforte.  Occorrono almeno tre mesi di lavoro di progettazione e costruzione di modelli prima di arrivare al momento delicato, che non ammette errori, della fusione con l’antica tecnica della cera persa. La bottega artigiana è un tuffo nel medioevo o nell’antro di Vulcano; il maestro campanaro ci dà un saggio musicale, suonando una sorta di orchestra di campane. Il suono ci avvolge interamente e risuona dentro, è un momento di intensa suggestione.

 

Il giovane casaro del caseifico Sant'Onofrio
Il giovane casaro del caseificio Sant’Onofrio

Si ritorna ai piaceri gastronomici con la degustazione serale dei prodotti del caseificio Sant’Onofrio, a cura di due giovanissimi, fratello e sorella, che portano avanti i saperi del mestiere tradizionale. È il motivo che ci ha indirizzati a questa piccola azienda, quale riconoscimento e sostegno alle giovani forze che rimangono sul territorio, unendo al saper fare antico competenze contemporanee.  Il giovanissimo maestro casaro dalle guance di rosa ci travolge di entusiasmo e passione per il suo mestiere; dalle sue mani che lavorano la pasta filata vediamo fiorire mozzarelle e nodini. Il caseificio è piccolo e l’accoglienza spartana (dunque ci sono ampi margini di miglioramento), ma i formaggi, lavorati a latte crudo, sono veramente squisiti: caciocavallo, scamorze, ricotta. Ce ne andiamo con mezza forma di caciocavallo ciascuno e progetti per un gruppo di acquisto da attivare al nostro ritorno.

La sera, con una piccola cerimonia di saluto, come è d’uso per Molisetrekking, Antonio ci consegna la tessera fedeltà, auspicio di altri ritorni in Molise, e un piccolo presente, il miele, dolce ricordo della sua terra accogliente e gentile.

Qualche idea di ritorno è circolata qui e là; per esempio ci aspetta il massiccio del Matese, con i 2050 mt di Monte Miletto, il panorama sui due mari e l’incredibile fioritura di orchidee selvatiche. O il Tratturo, il formidabile Cammino laico che ci fa viaggiatori del tempo. Dunque, arrivederci Molise.

Liliana Cerutti

settembre 2020

Alto Molise a piedi con il CAI UGET TAM di Torino
La BBC parla del Molise: “La regione che non esiste!”
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